Non fanno che ripetere che
sono rimasti pochi, che in giro non c’è più nessuno e che una
volta la vita era diversa.
Sposati con la terra, con
gli animali, con gli alberi e le piante. Si muovono ancora bene,
malgrado tutti gli anni piegati a toccare la propria ombra.
Sono diffidenti, eppure
alla fine ti raccontano le vicende della loro esistenza come fossi un
amato fratello.
Sono
vecchi e depositari delle nostre radici. Il loro futuro però si
esaurisce nell’attesa della prossima alba.
Potremmo pensarli come
figure provenienti da un passato lontano, sovrumane, eroiche e allo
stesso tempo familiari.
Sono gli ultimi contadini
e sono la nostra memoria.